POSTAZIONI
Il Carso isontino è stato teatro di aspre battaglie, nel corso della prima guerra mondiale, che hanno costellato il paesaggio di trincee e caverne; nel corso della guerra fredda, le stesse posizioni che videro contrapposti italiani e austro ungarici durante la grande guerra, furono nuovamente oggetto di lavori di fortificazione, da parte dell’Esercito Italiano.
Con la fine della seconda guerra mondiale e il delinearsi del nuovo confine tra la Jugoslavia e l’Italia, compreso nella cosiddetta “cortina di ferro”, il Carso isontino venne a trovarsi di nuovo in prima linea.
Lo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, per la difesa della Frontiera Orientale, individuò diverse posizioni su cui attestarsi: le principali furono la linea “gialla”, che si sviluppava dal Monte Forno (sopra Tarvisio) e, dopo una decisa piega verso Ovest, seguiva il corso del Fiume Tagliamento e la linea “azzurra”, che dal Monte Guarda (situato poco a Sud del Monte Canin) seguiva grossomodo il confine con la Jugoslavia.
Nello studio dell’organizzazione difensiva della Linea Azzurra, la posizione della cosiddetta “Soglia di Gorizia” rivestiva importanza fondamentale, in quanto il terreno alle spalle della città isontina è privo di appigli tattici, fino al Fiume Tagliamento.
La soglia doveva essere difesa da truppe mobili, appoggiate alle due spalle costituite dal Monte Calvario e dal Monte San Michele, opportunamente rafforzate da capisaldi permanenti e semipermanenti, che avrebbero permesso alle truppe lì dislocate di difendersi anche da sole, se necessario.
I progetti tattici delle opere campali furono compilati sulla base Direttive impartite dallo Stato Maggiore dell’Esercito – SME – con f.n. 364-SS/142 338 in data 15/05/1960, del programma di massima per i lavori di fortificazione campale (foglio Comando V Corpo d’Armata n.496/31121-SS d.d. 08/01/1962) e della pianificazione operativa in vigore.
Nel frattempo, lo SME modificò parzialmente i propri piani, assegnando alla zona di confine tra il Monte Guarda e il Mare la denominazione “posizione difensiva verde”.
Nel 1962 venne dato corso ai lavori di realizzazione delle difese campali, che vennero organizzate in 6 capisaldi:
Castel Rubbia;
Monte Brestovi;
Collenero–Castellazzo;
144–Arupacupa;
Cima Pietrarossa;
Monte Debeli–Monte Cosici.
TIPOLOGIE DIFESE CAMPALI
I manufatti realizzati si possono identificare nelle seguenti tipologie costruttive, che si ripetono nei vari capisaldi, con minime modifiche:
Per quanto riguarda le fortificazioni permanenti, vennero realizzate, a partire dal 1965, le Opere di:
- Sablici;
- Pietrarossa;
- Castel Rubbia;
- Palchisce Devetachi;
- Monte Sei Busi;
- Lago di Doberdò.
TIPOLOGIE FORTIFICAZIONI PERMANENTI
Come per la fortificazione campale, anche quella permanente dispone di manufatti di tipologie che si ripetono, con minime modifiche, in tutte le Opere:
L’unica eccezione è costituita dalla postazione P4 dell’Opera di Devetachi, che è stata realizzata utilizzando una piastra d’acciaio affogata nel cemento, dotata di feritoia con campo di tiro di 53 gradi, denominata “semiblinda”.
Nel 1968 venne, inoltre, realizzata un’ulteriore Opera permanente, denominata “Monte San Michele”, costituita solo da un Posto Comando e Osservatorio, sdoppiato per poter comandare sia le fortificazioni campali che quelle permanenti, oltre ad alcune postazioni per mitragliatrice. Originariamente, la posizione del Monte San Michele avrebbe dovuto essere difesa da un caposaldo campale, ma lo SME, dopo aver ipotizzato l’esplosione di un ordigno nucleare da 20 Kilotoni sulla “soglia di Marcottini”, decide di realizzare delle postazioni del tipo permanente, in quanto la posizione del San Michele risulterebbe troppo vicina alla zona di esplosione dell’arma atomica.
In definitiva, furono realizzate 7 opere della Fortificazione Permanente, alle quali vennero assegnati dei nomi convenzionali, per ragioni pratiche e di segretezza (SME documento prot. N. 41/142307, 25 febbraio 1986, AUSSME, Fondo I-7, b. 22)
1 – Castel Rubbia – Fresia;
2 – Monte San Michele – Origano;
3 – Palchisce Devetachi – Zagara/Papavero;
4 – Lago di Doberdò – Bucaneve;
5 – Monte Sei Busi – Edelweis;
6 – Pietrarossa – Ninfea;
7 – Sablici – Giaggiolo.
Per il presidio e la manutenzione delle fortificazioni permanenti vennero creati reparti ad hoc: le Opere del Carso vennero assegnate al 53° Reggimento fanteria d’arresto “Umbria”, mentre sui capisaldi campali avrebbe dovuto schierarsi l’82° Reggimento fanteria “Torino”, entrambi della Divisione di fanteria “Folgore”.
Con la ristrutturazione dell’Esercito del 1975/1976, venne eliminato il livello reggimentale e, dai vari battaglioni, vennero costituiti nuovi reparti. Le Opere permanenti sul Carso vennero, dunque, presidiate dal 33° Battaglione fanteria d’arresto “Ardenza”, inquadrato nella Brigata “Gorizia”.
La fortificazione permanente rimase attiva fino alla definitiva dismissione, avvenuta tra il 1992 e il 1993, venuta meno la minaccia di un’invasione da Est i reparti vennero sciolti e le armi asportate.