LA LINEA AZZURRA
La Linea Azzurra
Tutti gli studi dello Stato Maggiore Esercito (di seguito SME) sulla pianificazione della difesa della frontiera orientale portano, nel 1950, alla conclusione che la prima linea di difesa, lungo la quale schierare i reparti che dovrebbero resistere ad un eventuale attacco da oriente, debba essere costituita dal letto del fiume Tagliamento e dalla linea di confine, che corre lungo lo spartiacque, nella zona del tarvisiano: tale posizione viene denominata “Linea Gialla”.
Contestualmente, l’Alleanza del Teatro Nord Atlantico (di seguito NATO) effettua una serie di studi volti a stabilire una linea di difesa comune, da opporre ad un eventuale attacco dell’Unione Sovietica e dei suoi alleati. A tal fine, nel 1951, viene individuata una posizione difensiva lungo una linea ideale che si sviluppa lungo il confine italo-jugoslavo, nella zona del Tarvisiano, scende lungo la valle dell’Isonzo e prosegue attraverso il vallone di Gorizia, nel carso isontino, per raggiungere il mare nella zona di Monfalcone. Questa linea, lungo la quale è previsto che prendano posizione i reparti dell’Esercito Italiano, viene denominata “Linea Azzurra”.
Va notato che la linea tratteggiata dalla NATO si sviluppa lungo la Valle dell’Isonzo, in pieno territorio jugoslavo, Paese comunista non appartenente all’Alleanza Atlantica. Il fatto è che, dopo la rottura tra Tito e Stalin del 1948 e il conseguente avvicinamento di Belgrado agli Stati Uniti, il Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa include la possibilità di collaborazione fra le truppe jugoslave e quelle della NATO. Tale scenario però suscita gravi perplessità da parte dei vertici militari italiani i quali, pur accettando le direttive NATO, non si fidano della Jugoslavia, anche e soprattutto per l’irrisolta questione di Trieste, che si concluderà appena alla fine del 1954 con il Memorandum di Londra.
La Posizione di Resistenza dell’Esercito Italiano viene, quindi, spostata a ridosso della frontiera orientale, con l’intenzione di occupare le posizioni designate oltre il confine italo-jugoslavo solamente al momento del bisogno. Viene, inoltre, prevista la costruzione, lungo la fascia confinaria, di numerose postazioni fortificate, nonché di depositi per i materiali da utilizzare al momento del bisogno per rinforzare le posizioni da raggiungere oltre confine. Tuttavia, per esigenze economiche, il progetto viene accantonato, per concentrare le risorse disponibili sul rafforzamento delle fortificazioni in fase di costruzione sul Tagliamento.
Lungo i tratti posti in territorio italiano della “Linea Azzurra”, si attestano i reparti mobilitati nel corso dell’Esigenza “T” del 1953, la cosiddetta “Crisi di Trieste”: proprio a seguito di questa mobilitazione, l’Esercito Italiano matura le necessarie esperienze per poter distribuire i capisaldi fortificati lungo la fascia di confine.
A partire dalla metà degli anni ’50, vengono costruite diverse opere fortificate, iniziando dalla zona compresa tra il Monte Guarda e il Collio: la “Soglia di Gorizia”, di cui il Monte San Michele costituisce la spalla meridionale, è il punto chiave di tutta la linea fortificata, che lo SME identifica come “Posizione difensiva Verde”. Per tale motivo, il Carso di Monfalcone, nel quale vengono costruite ben 424 strutture fortificate tra il 1962 e il 1968, diventa una vera e propria fortezza a guardia della Soglia di Gorizia.
La principale Posizione di Resistenza viene spostata, alla metà degli anni ‘50, lungo la “Linea Viola”, che si sviluppa lungo il fiume Livenza, ma, ormai, la fortificazione della “Linea Azzurra” è iniziata e l’opera proseguirà fino alla prima metà degli anni ‘80.