La “soglia di Gorizia” è stata storicamente la principale via d’invasione della penisola italiana proveniendo da est. Ci sono passati un po’ tutti, dai pretendenti all’Impero romano, ai germani di varie stirpi, agli eserciti asburgici contro Venezia, ai turchi… Nel secondo dopoguerra l’Italia e l’Alleanza Atlantica temevano che dalla valle del Vipacco sarebbero spuntate le unità sovietiche dell’Armata Rossa e si prepararono ad affrontarle. Come farlo, è l’argomento del progetto «La soglia di Gorizia. Dalla cortina di ferro alla via della pace» nato da un’iniziativa del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste, in collaborazione con l’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, e con Friuli Storia Territorio, l’Archivio della Sezione di Storia ed Etnografia della Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi, Trieste – Arhiv Odseka za zgodovino in etnografijo Narodne in studijske knjiznice, l’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei Gorizia, l’Università degli Studi di Belgrado, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, il Comune di Doberdò del Lago-Doberdob, la Cooperativa Pavees e GO! 2025.
Trascorsi più di trent’anni dal crollo del muro, si presenta l’opportunità di offrire non solo agli specialisti ma ad un pubblico più ampio, un quadro esaustivo di un contesto militare e politico di straordinaria complessità.
L’obiettivo del progetto è infatti quello di unire ricerca storica e valorizzazione del territorio. Le indagini d’archivio hanno consentito di ricostruire sia la pianificazione strategica occidentale, sia i criteri di edificazione delle fortificazioni fisse e campali lungo il Vallone.
Le scelte di campo dei paesi confinanti – l’Austria neutrale e la Jugoslavia comunista, ma indipendente da Mosca – il possibile utilizzo delle armi nucleari, l’attività di intelligence e le opzioni strategiche che si presentavano alla NATO in caso di attacco sovietico, costituiscono la parte centrale della narrazione storica che accompagnerà il visitatore attraverso una serie di percorsi tra le opere fortificate lungo il Vallone. La stratificazione storica caratteristica di una terra di passaggio come il Friuli Venezia Giulia sarà chiaramente visibile in molte di queste opere, edificate spesso su fortificazioni risalenti alla prima guerra mondiale o addirittura sui castellieri di epoca protostorica.
ORDIGNI NUCLEARI MARCOTTINI
Consultando la documentazione conservata presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (d’ora in avanti SME), è stata ritrovata una minuta, risalente al 1961, trasmessa al Comando Designato III Armata ed al comando Forze Terrestri Alleate per il Sud Europa (d’ora in avanti FTASE), dall’allora Capo di SME, Generale Antonio Gualano, nella quale si fa cenno alla possibilità di impiegare ordigni nucleari da parte della difesa, in riferimento ad un progetto generale delle difese del Carso di Monfalcone.